Tutto iniziò, pare, con gli antichi Egizi, che chiamarono Bennu (dal Verbo Benu, che significa risplendere) l’uccello di fuoco, sacro al dio del sole Ra, protettore del pianeta Venere e amico del dio Osiride, dal quale ricevette il dono dell’immortalità e la corona piumata. Ma la fenice era difficile da vedere per un occhio mortale, e così fu spesso raffigurata come un airone.
Proprio come l’airone, che si ergeva sulla cima delle basse isole di pietra che spuntavano dall’acqua dopo la ricorrente inondazione del Nilo, il ritorno della Fenice annunciava una nuova fase di ricchezza, e non a caso era considerata la personificazione di Osiride risorto. Come narra il mito egizio della creazione, la fenice fu la prima forma di vita ad apparire sulla collina primordiale (dove fu in seguito costruita la città di Heliopolis).
La leggenda vuole, infatti, che la fenice sia nata dal fuoco che ardeva in cima al sacro salice di Heliopolis.
Nasce allora la storia che ancora oggi si può leggere su qualche libro di fiabe: la fenice è un uccello maschio che passa il giorno in prossimità di una sorgente d’acqua fresca in un’oasi del deserto in Arabia, dove ogni mattina si fa il bagno e canta una canzone così bella che il dio del sole non può fare a meno di fermarsi ad ascoltarla.
Ogni tanto, la fenice visitava Heliopolis e si posava sull’obelisco all’interno (chiamato Ben-ben) del santuario della città.
Quando la fenice, dopo cinquecento anni di vita, sentiva il sopraggiungere della morte, si costruiva un nido a forma di uovo con ramoscelli di mirto, incenso, sandalo, legno di cedro, cannella, spigonardo e mirra, per adagiarvisi e aspettare che il sole desse fuoco, mediante i suoi raggi, all’insieme di erbe. Dopo l’incendio, tra la cenere, compariva una larva che cresceva in un giorno – in materia, è interessante leggere la Naturalis Historia(X, 2) di Plinio – e poi volava a Heliopolis per posarsi sull’albero sacro, cantando e pregando il dio Shu.
Molti sono gli scrittori che ne parlarono, a partire da Erodoto e Ovidio. Quest’ultimo, nelle Metamorphoses, ci narra della fenice, uccello che giunto alla veneranda età di 500 anni, termine ultimo della vita concessagli, depose le sua membra in un nido di incenso e cannella costruito in cima ad una palma, ed ivi spirò. Dal suo corpo nacque poi un’altra fenice che, divenuta adulta, trasportò il nido nel tempio di Iperione, il Titano padre del dio Sole.
Anche Dante (Infermo XXIV, 107-111) la descrive:
Che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo appressa
erba né biada in sua vita non pasce,
ma sol d’incenso lacrima e d’amomo,
e nardo e mirra son l’ultime fasce.
Il Fisiologo, il primo bestiario cristiano, racconta: “Esiste in India un uccello detto fenice: ogni cinquecento anni se ne va verso gli alberi del Libano, ed empie le sue ali di aromi, e si annuncia con un segno al sacerdote di Eliopoli, nel mese nuovo, Nisan o Adar, cioè nel mese di Famenòth o di Farmuthì. Il sacerdote, avvertito, riempie l’altare di sarmenti di vite: l’uccello entra allora in Eliopoli, carico di aromi, e sale sull’altare, e il fuoco si accende da sé e si consuma. L’indomani il sacerdote frugando l’altare scopre nella cenere un verme: il secondo giorno lo trova divenuto un piccolo uccello, e il terzo lo trova divenuto un uccello adulto; il quale saluta il sacerdote e se ne va nella propria dimora”. La sua storia viene posta a paragone del Cristo risorto, che ha “il potere di deporre la propria anima e il potere di riprenderla”.
Nel corso della storia la fenice ha cambiato il suo aspetto: da airone è diventato un’aquila, non porta più alcuna corona, ma il piumaggio è sempre rosso fuoco.
E’ interessante notare come a fenice sia presente in molte culture: i Nativi Americani la chiamavano Yel, i Cinesi Feng, i Giapponesi Ho-oo, gli Ebrei Milcham , i Buddisti e gli Induisti Garuda.
I cinesi in particolare veneravano quest’uccello perché era simbolo della prosperità e rappresentava l’imperatore o l’imperatrice, ed era spesso associata al drago “Long”. Secondo la tradizione, la fenice era la “personificazione della forza primordiale dei cieli”.
Esiste anche una costellazione chiamata Fenice (abbreviazione Phe): si tratta di una costellazione dell’emisfero australe, vicino a quella del Tucano e di Sculptor, chiamata così da Johann Bayer nel 1603 ed è costituita da undici stelle.
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