Una vita che sembra uscita da un romanzo di appendice, un viso di una bellezza antica, genuina, e un’anima libera che ha vissuto secondo le sue regole: ecco Tina Modotti, emigrante, operaia, attrice, fotografa nel Messico degli anni venti, antifascista, militante nel movimento comunista internazionale, perseguitata ed esule politica, garibaldina di Spagna.
A lungo dimenticata dagli storici della fotografia e dalla storiografia politica, questa friuliana straordinaria nasce a Udine il 17 agosto 1896, nel popolare Borgo Pracchiuso, in una famiglia operaia. Il padre Giuseppe lavora come meccanico e carpentiere, mentre la madre Assunta Mondini fa la cucitrice.
A soli due anni diventa migrante quando la famiglia si trasferisce nella vicina Austria per lavoro. Nel 1905 rientrano a Udine e Tina frequenta con ottimo profitto le prime classi della scuola elementare. A dodici anni, per contribuire al sostentamento della numerosa famiglia (sono in sei fratelli), lavora come operaia in una filanda. E, frequentando lo studio dello zio Pietro Modotti, entra in contatto con il mondo della fotografia e ne apprende i primi rudimenti.
Quando il padre decide di partire per gli Stati Uniti, sarà presto raggiunto da quasi tutta la famiglia. Tina arriva a San Francisco nel 1913, dove lavora in una fabbrica tessile e fa la sarta, frequenta le mostre, segue le manifestazioni teatrali e recita nelle filodrammatiche della Little Italy.
Durante una visita all’Esposizione Internazionale Panama-Pacific conosce il poeta e pittore Roubaix del’Abrie Richey, dagli amici chiamato Robo, con cui si unisce nel 1917 e si trasferisce a Los Angeles. Entrambi amano l’arte e la poesia, dipingono tessuti con la tecnica del batik; la loro casa diventa un luogo d’incontro per artisti e intellettuali liberal.
Da quel momento la sua vita sarà una sequenza di eventi e incontri straordinari, tenterà la carriera di attrice a Hollywood, diventerà modella per fotografi quali Jane Reece, Johan Hagemayer ed Edward Weston con il quale intreccerà un legame sentimentale.
Quando Robo muore, in Messico, Tina vi si recherà per il funerale e scoprirà un paese affascinante dove resterà a lungo. Grazie a Weston apprenderà l’arte della fotografia che in brevissimo tempo diventerà la sua passione e il suo sostentamento. Esegue molti ritratti, si appassiona alla natura per approdare poi a una fotografia che è anche denuncia sociale: ritrae mani di operai, manifestazioni politiche e sindacali, vive amori nuovi come quello con Julio Antonio Mella, giovane rivoluzionario cubano.
Organizza molte esposizioni, lavora come traduttrice e lettrice della stampa estera a Mosca, scrive opuscoli politici, ottiene la cittadinanza e diventa membro del partito. Allo scoppio della guerra civile spagnola, nel luglio 1936, prende il nome di Maria e si trova a Madrid con Vittorio Vidali, suo compagno da anni. Durante la ritirata, aiuta i profughi e fugge a Parigi, per poi tornare in Messico dove morirà, la notte del 5 gennaio 1942 dopo una cena in casa di amici a bordo del taxi che la sta riportando a casa.
Sulla sua tomba, al Pantheon de Dolores di Città del Messico, sono scolpiti i primi versi di una poesia scritta da Neruda per lei.
Fonte: http://www.comitatotinamodotti.it/
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[scritto da: Patrizia Kopsch]